1) I diritti dei minori 2) l'interesse superiore del fanciullo 3) Il sistema italiano di giustizia minorile (competenza civile)     
              4) Il sistema italiano di giustizia minorile (competenza penale) 5)
il maltrattamento e la violenza sessuale                 
 6)
il monitoraggio del fenomeno
7) la normativa 8) il codice civile 9) la legge 184/83 10) l'art. 404 c.c. 11) la segnalazione 
                 12) il codice penale
13) obbligo di denuncia e obbligo di referto
14) procedura in caso di presunto abuso                  
                   15) procedura in caso di abuso
16) 17) l'incidente probatorio 18) approfondimenti sulla legge 66/96                       
                      19)
la legge 269/98 20) il decreto del Ministero dell'Interno del 30/10/98 21) la legge 476/98                               
                                                        22) la legge 154/2001
  23) il trattamento delle vittime della violenza                                          

 

1 – i diritti dei minori
Nell’Ordinamento italiano, il bambino è il soggetto ritenuto meritevole di una particolare protezione, perché in una fase evolutiva e perché non ha ancora raggiunto una pienezza di maturità; è colui che è compreso nella fascia di età da zero a diciotto anni. Naturalmente all’interno di tale fascia e in ordine all’esercizio di singoli diritti, vi è una differenziazione: mentre all’infante non è riconosciuto alcun diritto (i diritti vengono esercitati attraverso un rappresentante legale, il genitore e, ove questi non vi sia, il tutore) con il progressivo crescere all’età l’ordinamento attribuisce anche alla minore età la possibilità di esercitare direttamente alcuni diritti (convenzione ONU, p. 27).
Al bambino vanno assicurate la protezione e le cure necessarie in modo tale da tutelarlo e gli Stati devono adottare gli strumenti necessari alla loro attuazione (cfr. Costituzione).

2 – l'interesse superiore del fanciullo
Inoltre, anche se non compare nella nostra Costituzione, il principio che viene seguito è quello dell’interesse superiore del fanciullo, ed è comunque ben presente in numerose disposizioni legislative. In varie norme, infatti, si sancisce che – nel possibile conflitto di interessi tra adulti e minori - è necessario prendere in particolare considerazione, e tutelare in modo preferenziale, quello che appare essere l’interesse del soggetto più debole e che si apre alla vita. Anche la Corte Costituzionale ha ritenuto così pregnante questo principio e fondamentale per la tutela della personalità del minore - i cui “equilibri affettivi, l’educazione e la collocazione sociale” non devono essere pregiudicate- da utilizzarlo come criterio di valutazione della costituzionalità della legge.

3 – il sistema italiano di giustizia minorile – competenza penale
Il sistema italiano di giustizia minorile è costituito da un giudice specializzato (il Tribunale per i Minorenni in primo grado; la Sezione per i Minorenni della Corte di Appello in secondo grado), con apposito ufficio di Procura della Repubblica. Il Tribunale per i Minorenni ha sede in ogni città dove ha sede una Corte di Appello.
Il Tribunale per i Minori è l’organo predisposto alla tutela del minore e la sua competenza è di natura sia penale sia civile.
Per la competenza penale, si occupa dei reati posti in essere da imputati minorenni che abbiano però compiuto i 14 anni: al di sotto di questa età non si è infatti imputabili per la legge italiana. E’ inoltre competente anche in materia di fanciulli abbandonati o maltrattati dai genitori, in materia di adozione nazionale ed internazionale, nonché in materia di fanciulli che hanno violato la legge penale prima dei quattordici anni, quando cioè non hanno la capacità penale.
Gli interventi e le misure disposti dal Tribunale per i Minorenni nell’ambito della sua competenza penale sono attuati dai Servizi Minorili del Ministero della Giustizia, in collaborazione con i Servizi Sociali della comunità locale (Comuni, Province).

4 - il sistema italiano di giustizia minorile – competenza civile
La competenza civile è invece di natura residuale rispetto a quella del Tribunale Ordinario e di seguito ne sono elencate alcune:
– emanazione di provvedimenti necessari in caso di contrasto tra i genitori su questioni attinenti all’esercizio della potestà sui figli (art. 316 c.c.)
– decisioni sull’esercizio della potestà sul figlio naturale riconosciuto (art. 317 bis c.c.)
- emanazione dei provvedimenti di decadenza, allontanamento del minore dalla casa familiare o altri provvedimenti che ritiene opportuni (artt. 330 e 333 c.c.)
– decisioni sull’adozione dei minori (legge 184/83)
– emanazione dei provvedimenti di affidamento familiare senza il consenso dei genitori (art. 2, legge 184/83)
Gli interventi e le misure disposti dal Tribunale per i Minorenni nell’ambito della sua competenza civile devono essere attuati dai Servizi Sociali della comunità locale. Rientrano negli interventi di carattere civile quelli relativi ai minori di quattordici anni che hanno violato la legge penale. Spesso questi ragazzi presentano situazioni familiari molto carenti e genitori negligenti o maltrattanti. Si interviene allora con misure di carattere puramente civile, imponendo ai genitori e al ragazzo di accettare la supervisione del Servizio Sociale della comunità locale. Può essere disposto l’affidamento del ragazzo al Servizio Sociale, ed in questo caso egli è tenuto a seguire le prescrizioni di comportamento che il Servizio ritiene di dargli. Se il ragazzo non deve rimanere in famiglia, il Tribunale può ordinare il suo collocamento in una casa-famiglia o in una comunità o in un istituto, a cura dei Servizi Sociali della comunità locale.

5 – il maltrattamento e la violenza sessuale
Il Governo italiano ha rivolto una particolare attenzione all’inquietante fenomeno del maltrattamento e della violenza sessuale nei confronti dei cittadini di età minore. Sia che il maltrattamento si concretizzi in una condotta attiva (percosse, lesioni, atti sessuali) sia che esso si concretizzi in una condotta omissiva (incuria, trascuratezza, abbandono) esso provoca gravi conseguenze a breve, medio e lungo termine sul processo di crescita che rischia di essere compromesso.
Non meno inquietante è quella forma di violenza all’infanzia che si estrinseca nello sfruttamento del minore da parte degli adulti. La cultura che la genera, radicata sulla riduzione del bambino da persona a oggetto di cui disporre liberamente, porta a conseguenze gravi, perché il bambino violentato o sfruttato perde inevitabilmente quell’autostima che è indispensabile per svilupparsi compiutamente come persona e perché il percepirsi come privo di valore porta o alla ribellione e alla aggressività o alla passività e all'iperacquiescenza. Fondamentale è prevenire questi fenomeni e indispensabile attuare forme di intervento risocializzante volte ad un pieno recupero del minore vittima degli abusi e degli sfruttamenti.
Purtroppo fenomeni di questo tipo sono presenti nel nostro Paese e tagliano trasversalmente tutte le fasce sociali.

6 – il monitoraggio del fenomeno
Manca ancora in Italia un compiuto monitoraggio della reale incidenza di questi fenomeni perché gli unici dati sicuri sono allo stato attuale quelli derivanti dalle statistiche giudiziarie che, ovviamente, non possono essere pienamente esaustivi. Infatti:
a) alcuni fenomeni non costituiscono reato (per esempio la prostituzione, a meno che non si tratti di induzione o di favoreggiamento e sfruttamento difficilmente comprovabili, o l’uso personale di sostanze stupefacenti);
b) per i reati di violenza, abuso e sfruttamento di minori le denunce all’autorità giudiziaria sono poche:
- non tutte le vittime sono disposte a denunciare i fatti per evitare una sgradevole pubblicità e per non dovere rivisitare nel corso del processo esperienze spesso devastanti;
- molte violenze vengono perpetrate nel chiuso dell’ambiente familiare e l’omertà tra adulti a danno dei minori copre spesso inquietanti situazioni;
- il soggetto in età evolutiva o non percepisce l’abuso come tale o comunque difficilmente ha la capacità e il coraggio di rappresentarlo all’esterno.
Qui è opportuno solo segnalare i dati relativi agli interventi di protezione assunti dai Tribunali per Minorenni intervenendo sulla potestà genitoriale: sono ovviamene indicativi di una disfunzione della relazione genitoriale che implica o comportamenti commissivi o comportamenti omissivi che producono grave pregiudizio ai ragazzi. Negli anni 1993, 1994 e 1995 i Tribunali per Minorenni hanno rispettivamente emesso 7.736, 7.257 e 5.831 provvedimenti limitativi o ablativi della potestà genitoriale.
Né vi sono allo stato attuale significative ricerche sulle varie forme di sfruttamento del minore che possano illuminare sull’entità dei fenomeni in mancanza di dati giudiziari. È intenzione dell’Osservatorio e del Centro Nazionale di sviluppare nei prossimi anni ricerche in questi campi. I dati giudiziari sono relativamente indicativi del reale spessore del fenomeno del maltrattamento nei confronti dell’infanzia non solo per la forte incidenza del numero oscuro della devianza ma, per quanto riguarda i maltrattamenti e le violenze, anche perché per la maggior parte dei reati le statistiche Istat non indicano le qualità delle vittime e pertanto non è possibile individuare se riguardano minori o altre persone della famiglia. Così il reato di abbandono riguarda non solo i minori ma anche le persone adulte incapaci; così i reati di maltrattamento in famiglia possono riguardare anche altri membri della famiglia diversi dal minore; così il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare può riguardare comportamenti non relativi alla prole. Specifici sono invece i reati di infanticidio e di abuso dei mezzi di correzione.

7 – la normativa
La violenza sul fanciullo in tutte le sue forme è vietata dalla legge sia con misure di carattere penale applicabili a qualunque soggetto responsabile della violenza, sia con misure di carattere civile che concernono più direttamente i genitori e i legali rappresentanti del fanciullo.

8 – il codice civile
Il codice civile (artt. 330 e 333) prevede che il genitore che viola o trascura i suoi doveri nei confronti del figlio o abusa dei suoi poteri arrecandogli pregiudizio può essere privato in tutto o in parte della potestà. I suoi rapporti col figlio possono essere limitati o sospesi dal giudice, che può anche nominare un diverso rappresentante legale al fanciullo e può disporre che egli sia collocato in un altro ambiente. In caso di urgenza il Tribunale può prendere anche d’ufficio i provvedimenti temporanei nell’interesse del fanciullo.
I Tribunali per i Minorenni applicano gli artt. 330 e 333 a una larga fascia di comportamenti
violenti dei genitori. Secondo la giurisprudenza queste norme possono riguardare la violenza fisica incluse le punizioni corporali; la violenza mentale e l’abuso psicologico (umiliazioni, offese, crudeltà mentali), la trascuratezza la negligenza e l’incuria; lo sfruttamento; l’abuso sessuale genericamente inteso, anche cioè quando si tratta di comportamento che non costituisce un reato.
Gran parte della giurisprudenza ritiene applicabili gli art. 330 e 333 anche quando, in caso di separazione o divorzio, il fanciullo viene volutamente coinvolto dai genitori nei loro contrasti, o quando viene ostacolato il diritto di visita, o quando il figlio viene sottratto al genitore affidatario.

9 – la legge 184/83
L’abbandono del fanciullo riceve una protezione maggiore e più specifica nella legge 4 maggio 1983 n.184 sull’adozione e l’affidamento. Si ha abbandono quando il bambino è privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti, quando cioè costoro si disinteressano completamente di lui. La situazione di abbandono deve essere accertata e dichiarata dal giudice (Tribunale per i Minorenni) con un apposito processo. Se si accerta che esiste uno stato di abbandono il bambino è dichiarato adottabile e ha diritto ad essere inserito in una nuova famiglia.
Secondo l’interpretazione della Corte Suprema di Cassazione, si verifica abbandono non solamente quando i genitori omettono di assistere il figlio e non si occupano più di lui, ma anche quando tengono nei suoi confronti un comportamento che si traduce in assoluta mancanza di assistenza morale e materiale.
La legge 4 maggio 1983 n.184 si occupa specificamente di garantire una protezione speciale e l’assistenza ai bambini che siano temporaneamente o permanentemente privati del loro ambiente familiare o che non possano essere lasciati in tale ambiente nel loro superiore interesse. Tale legge afferma con forza il diritto di ogni bambina e bambino a crescere in famiglia, impone agli operatori di non ricorrere, se non in casi estremi, all’inserimento del minore in un istituto assistenziale ed educativo, indicando in via preferenziale l’affidamento ad un’altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola o a una comunità di tipo familiare.
Solo quando ciò non sia possibile è previsto il ricovero in un istituto.

10 – l'art. 404 c.c.
Inoltre, come si evince dall’art. 404 c.c., quello riguardante l’intervento della Pubblica Autorità a favore dei minori, "quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la Pubblica Autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione".
Inoltre, il giudice può disporre anche “l’affidamento del minore a quello tra i parenti che appaia maggiormente idoneo ad assicurare adeguata occasione di sviluppo psicofisico. L’allontanamento del minore dalla residenza familiare ed il conseguente affidamento a soggetto diverso da quelli fin qui indicati, può essere disposto soltanto laddove risulti evidente la prova:
a) che il minore è esposto al rischio concreto ed attuale di violenze fisiche, sessuali o morali da parte di uno o di entrambi i genitori;
b) che non esiste nel contesto degli ascendenti di primo e secondo grado, o dei collaterali, alcun soggetto disponibile e idoneo ad assicurare adeguata occasione di sviluppo psicofisico per il minore.
I provvedimenti del presente capo sono revocabili in qualsiasi momento" (art. 333bis c.c.).
Tutto questo accade perché, come si denota dalla Costituzione Italiana (art 30), i genitori hanno il diritto ed il dovere di "mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio".
Nei casi d’incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

11 – la segnalazione
La situazione di abuso o violenza nei confronti dei minori può essere segnalata al Tribunale per Minorenni direttamente da un parente per l’adozione dei provvedimenti di protezione. Può essere egualmente segnalata da qualunque persona sia venuta a conoscenza dell’abuso o della violenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per Minorenni che, accertata la fondatezza della segnalazione, inizierà l’azione presso l’organo giudicante. Lo stesso obbligo non è previsto per i casi di maltrattamento, a meno che essi, in ragione della loro gravità, non possano essere considerati come casi di abbandono.
Anche il minore vittima può chiedere direttamente protezione rivolgendosi alla Procura della Repubblica per i Minorenni, e cioè al pubblico ministero, che provvede a chiedere formalmente il provvedimento al Tribunale.
Nei casi di maltrattamento e violenza a danno dei minori, di particolare rilevanza è il ruolo dei Servizi Sociali sia per l’individuazione delle situazioni di abuso, sia per un primo trattamento del caso, sia nella fase dell’esecuzione del provvedimento del Tribunale, che molto spesso decide di attribuire ai Servizi compiti di sostegno e controllo del caso finché ciò si riveli necessario nell’interesse del fanciullo.

12 – il codice penale
Il codice penale prevede una serie di reati contro la violenza ed i maltrattamenti ad ogni persona, e quindi anche al minore, ed alcuni reati tipici in cui solo il minore può essere vittima (infanticidio, abbandono di minore, omicidio di minore consenziente o istigazione al suicidio di minore, abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, corruzione di minorenni, sottrazione di minori, elusione dei provvedimenti del giudice civile in materia di affidamento di minori, illeciti affidamenti di minori per eludere la legge sull’adozione).

13 – obbligo di denuncia e obbligo di referto
Comunque, è importante, al fine di tutelare il minore, dare notizia di reato qualora uno degli organi che vengano a contatto con il bambino abbia il sospetto che quest’ultimo sia vittima di abuso. Con l'espressione "dare notizia di reato" si intende: la narrazione, diretta o indiretta, nel corso di dichiarazioni, o la rappresentazione in un documento, di un fatto che costituisce reato, o ancora la deduzione sulla base di elementi reali diretti (ad es. tracce su cose o persone, oggetti ecc.) che un reato è stato commesso (artt. 361 e 362 c.p.).
E’ importante, a tal proposito, fare una distinzione tra obbligo di denuncia e obbligo di referto, questo perché la notizia di reato è perseguibile d’ufficio e quindi, a seconda del professionista che dà la notizia di reato, è bene distinguere tra:
- obbligo di denuncia: riguarda coloro che rivestono la qualifica di Pubblici Ufficiali Incaricati di Pubblico Servizio i quali, nell’esercizio delle loro funzioni, sono venuti a conoscenza di un reato perseguibile d’ufficio: ciò comporta che in tali casi la notizia di reato deve essere da loro trasmessa per iscritto e senza ritardo, all’Autorità competente. La violazione dell’obbligo di denuncia è penalmente sanzionata (art. 361 c.p.). Sono da considerarsi Pubblici Ufficiali (art. 331 c.p.) o Incaricati di Pubblico Servizio (art. 334 c.p.) tutti gli operatori sanitari e assistenziali nelle strutture pubbliche […] nonché gli insegnanti delle scuole pubbliche o private convenzionate;
- obbligo di referto: è l’obbligo, la cui violazione è penalmente sanzionata (art. 365 c.p.), che riguarda coloro che esercitano una professione sanitaria e che vengono a conoscenza, prestando la loro opera o assistenza, di casi che possono avere i caratteri di reato procedibile d’ufficio. L’obbligo non sussiste solo nel caso in cui il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.
N.B: Nel caso in cui l’esercente la professione sanitaria sia anche Pubblico Ufficiale o Incaricato di Pubblico Servizio (es. nel S.S.N.) per costui scatta comunque l’obbligo di denuncia (tale obbligo infatti non ammette quella deroga prevista sopra per il referto).
La notizia di reato deve essere fatta al Pubblico Ministero o all’Ufficiale di Polizia Giudiziaria.
Qui di seguito è riassunto quanto riportato finora:

NOTIZIA DI REATO PERSEGUIBILE D'UFFICIO

     

INCARICATO DI PUBBLICO
 SERVIZIO O
PUBBLICO UFFICALE
NELL'ESERCIZIO DELLE
 PROPRIE FUNZIONI

 

ESERCENTI UNA
PREFESSIONE SANITARIA
 IN STRUTTURA
PUBBLICA O PRIVATA

     

OBBLIGO DI DENUNCIA

OBBLIGO DI REFERTO
   

P.M. - UFFICIALE DI POLIZIA GIUDIZIARIA

 

14 - procedura in caso di presunto abuso
Il grafico proposto di seguito schematizza la procedura di segnalazione in caso di presunto abuso:

15 – procedura in caso di abuso
In caso di abuso sessuale, è possibile, invece, seguire la procedura illustrata qui sotto:

16 – la legge 66/96
In generale, l’attività legislativa si sta sviluppando nel nostro Paese per realizzare una più adeguata tutela e promozione dei diritti dei minori.
La legislazione penale italiana sulla libertà sessuale è stata completamente rivisitata, con un adeguamento agli impegni imposti alla Convenzione sui Diritti dei Bambini. E’ con la legge 66/96 che cade la prospettiva moralistica e moraleggiante che aveva contraddistinto la norma precedente. Cambiano anche le condotte illecite da combattere: se prima si combattevano disgiuntamente sia la violenza carnale sia gli atti di libidine violenti (entrambi non ben definibili), oggi sono combattuti gli atti sessuali.
Per stabilire la sussistenza o meno del reato di violenza carnale si doveva procedere ad una valutazione delle condizioni fisiche della vittima, cioè si doveva stabilire, attraverso perizie mediche, se vi fosse stata penetrazione, e se sì, fino a che punto. Ciò richiedeva una minuziosa ricostruzione dei fatti da parte della vittima, molto imbarazzante, ma necessaria al fine di accertare la realizzazione del reato di violenza carnale o atti di libidine.
Con questa riforma il bene giuridico tutelato è la liberta sessuale e non più la moralità pubblica ed il buon costume ed inoltre, con essa, si ha una più ampia tutela del minore.
Infatti, con l’articolo 13 della suddetta, si delibera che durante le indagini preliminari e nel corso dell’udienza preliminare, il P.M. e i difensori possono chiedere, con incidente probatorio, l’audizione del minore in forma protetta, cioè con l’adozione di tutte le cautele necessarie ad evitare che la vista dell’imputato possa turbare il minore.

17 – l'incidente probatorio
L’ incidente probatrio (art. 392 c.p.p.) è “una procedura che consente di assumere le prove anticipatamente rispetto al dibattimento”. La norma prevede che si proceda a:
1) assumere la testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento;
2) assumere una testimonianza quando sulla base degli elementi concreti e specifici vi sia motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro affinché non deponga o deponga il falso;
3) esaminare la persona sottoposta ad indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri;
4) esaminare i soggetti imputati in un procedimento connesso o collegato, ma separato (art. 210 c.p.p.);
5) il confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al P.M. hanno reso dichiarazioni discordanti;
6) effettuare la ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento.
Il Pubblico Ministero o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minore degli anni 16 (art. 392 comma 1bis c.p.p.) nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 609 c.p. (violenza sessuale, violenza sessuale aggravata, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne e violenza di gruppo), così come per i reati di cui alla legge 269/98.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 262/98, ha previsto l’incidente probatorio anche nei casi di reato di corruzione di minorenne.
Inoltre, all’art. 14 si stabilisce che l’udienza di assunzione della prova possa svolgersi anche in luogo diverso dal Tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza, quali i Servizi Minorili dell’amministrazione della giustizia e dei Servizi istituiti dagli enti locali o, in mancanza, presso la casa del minore (comma 5bis art. 398 c.p.p.).

18 – approfondimenti sulla legge 66/96
Più in generale, la legge del 15 febbraio 1996 n° 66, norma sulla violenza sessuale, ha stabilito:
- che i reati di abuso sessuale sono reati contro la persona e non contro la moralità pubblica;
- che i due reati distinti di violenza carnale e di atti di libidine violenti (a secondo che vi sia stata o non vi sia stata penetrazione) siano unificati nell’unico reato di violenza sessuale, il che costituisce una maggiore tutela per il soggetto in formazione, sia perché esclude le avvilenti indagini, particolarmente traumatiche, per individuare se vi era stata o non penetrazione, sia perché appare evidente che per un bambino anche atti sessuali diversi dalla violenza carnale hanno eguale effetto distruggente;
- che costituiscono reato le condotte di chi con violenza o minaccia o abuso di autorità costringe un minore di qualunque età a compiere o subire atti sessuali. In questo caso le pene sono più pesanti: da 7 a 14 anni di carcere se si tratta di un fanciullo che non ha compiuto 10 anni, da 6 a 12 anni di carcere se si tratta di un fanciullo che non ha compiuto 14 anni (o 16 se il colpevole è il genitore o il tutore);
- che costituisce egualmente reato punibile con pena da 5 a 10 anni chi, pur senza violenza, compie atti sessuali con un fanciullo che non ha compiuto 14 anni (o 16 se il colpevole è il genitore o il tutore o altra persona che ne ha l’affidamento). Se il fanciullo ha meno di dieci anni, la pena va da 7 a 14 anni di carcere;
- che il reato è procedibile di ufficio se gli atti sessuali sono commessi con minori inferiori degli anni dieci ed è invece procedibile a querela se gli atti sessuali sono commessi con minori degli anni sedici consenzienti quando l’autore è l’ascendente, il genitore o il tutore ovvero se gli atti sessuali sono commessi con minore degli anni quattordici consenziente quando l’autore è persona che ha più di quattro anni di differenza di età e gli atti sessuali commessi con minori di anni tredici quando l’autore è persona minore con meno di quattro anni di differenza di età rispetto al minore leso;
- che costituisce reato (nuova formulazione della fattispecie del reato di corruzione di minorenne) il compiere atti sessuali in presenza di minore degli anni quattordici al fine di farlo assistere ai medesimi atti (la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni);
- che costituisce reato di violenza sessuale di gruppo la partecipazione di più persone riunite ad atti di violenza sessuale;
- che, per tutelare la personalità del minore vittima di reati sessuali, il procedimento si svolga a porte chiuse ed inoltre che il Pubblico Ministero possa chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza del minore di quattordici anni.

19 – la legge 269/98
A completamento di questa legislazione, il parlamento ha recentemente approvato una nuova legge sullo sfruttamento sessuale dei minori: “Legge 269/98: norme contro lo sfruttamento sessuale dei minori quale nuova forma di riduzione in schiavitù”. La legge 269/98 stabilisce:
- che chi induce alla prostituzione persona minore di diciotto anni ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e la multa da trenta a trecento milioni;
- che chi, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, compie atti sessuali con minore di età compresa tra i quattordici e sedici anni in cambio di danaro o altra utilità economica è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con multa non inferiore a dieci milioni;
- che il Pubblico Ufficiale o l’Incaricato di Pubblico Servizio che abbia notizia che un minore esercita la prostituzione è obbligato a darne immediata notizia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per Minorenni che promuove i provvedimenti di tutela;
- che chiunque sfrutta minori di diciotto anni al fine di realizzare esibizioni pornografiche o di produrre materiale pornografico è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da cinquanta a cinquecento milioni. Alla stessa pena soggiace chi commercia il materiale pornografico;
- che chiunque distribuisce, divulga o pubblicizza anche per via telematica materiale pornografico o notizie finalizzate all’adescamento e allo sfruttamento sessuale dei minori è punito con la reclusione da uno a cinque anni e la multa da cinque a cento milioni. A questo riguardo la legge prevede che l'organo del Ministero dell'Interno preposto alla sicurezza e alla regolarità dei servizi di telecomunicazione possa attivare sulle reti di comunicazione informatica taluni siti per poter intercettare e ricevere tutte le informazioni utili allo svolgimento delle indagini di polizia nel settore;
- che chiunque cede ad altri, anche a titolo gratuito materiale pornografico prodotto mediante sfruttamento sessuale del minore degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a 3 anni e la multa da tre a dieci milioni;
- che chiunque si procura o dispone di materiale pornografico prodotto mediante sfruttamento sessuale del minore degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni o la multa non inferiore a tre milioni;
- che chiunque organizza, favorisce o propaganda viaggi verso l’estero finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori è punito con la reclusione da sei a dodici anni e la multa da trenta a trecento milioni;
- che alla stessa pena di cui all’art. 601 c.p. soggiace chi commette, tratta o comunque fa commercio di minori di anni diciotto al fine di indurli alla prostituzione;
- che i predetti reati sono perseguibili anche se commessi all’estero da cittadino italiano ovvero da cittadino straniero in concorso con cittadino italiano;
- che è attribuita alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’attività di coordinamento di tutte le pubbliche amministrazioni relativamente alla prevenzione, assistenza e tutela dei minori dallo sfruttamento e l’abuso sessuale;
- che le multe erogate costituiranno un fondo per finanziare specifici programmi di prevenzione assistenza e riabilitazione dei minori vittime;
- che la Presidenza del Consiglio dei Ministri acquisisce dati a livello nazionale e internazionale sull’attività di prevenzione e repressione e promuove studi e ricerche su gli aspetti sociali, sanitari e giudiziari dei fenomeni di sfruttamento sessuale di minori.

20 – il decreto del Ministero dell'Interno del 30/10/98
Infine, con decreto del Ministro dell'Interno in data 30 ottobre 1998 sono state istituite le Sezioni di Polizia Giudiziaria specializzate nel contrasto di tali reati, dando maggiore impulso all'attività svolta dagli Uffici Minori già operanti presso le Questure. Questi sono gli aspetti innovativi della suddetta norma:
- fatto commesso all’estero: i reati contenuti nella legge 269/98 sono punibili anche quando il fatto è compiuto all’estero da cittadino italiano o da cittadino straniero in concorso con un italiano, ovvero in danno di cittadino italiano;
- tutela delle generalità e dell’immagine del minore (art. 734bis c.p.): chiunque, nei casi di violenza sessuale, sfruttamento e altri reati previsti dalle leggi 66/96 e 269/98, divulghi anche attraverso mezzi di comunicazione di massa le generalità e l’immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l’arresto da tre mesi a sei mesi;
- modalità di ascolto protetto del minore (ausilio di esperti e strumenti tecnici);
- attività di contrasto per realizzare indagini più efficaci;
- ampliamento dei limiti di ammissibilità delle intercettazioni telefoniche;
- fondo per programmi di prevenzione, assistenza e recupero sia delle vittime sia, in parte, dei colpevoli.

21 – la legge 476/98
Il nostro Parlamento ha inoltre approvato in data 31/12/98, la legge 476: disegno di legge di ratifica della Convenzione de L’Aja per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, presentato al governo il 20/06/1997 e che ha costituito funzionalmente e culturalmente lo strumento delle adozioni con gli interventi di solidarietà internazionale e di cooperazione allo sviluppo (ONU p. 8).

22 – la legge 154/2001
Di più recente promulgazione, la Legge 154 del 5 aprile 2001: “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”, con la quale il P.M. può chiedere al giudice l’allontanamento, prescrivendo all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione; può prescrivere determinate modalità di visita.
Inoltre “può prescrivere di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro.
Inoltre, il giudice civile ai sensi dell’art. 342ter c.c. "può disporre, ove occorra, l’intervento dei Servizi Sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti" (con "il pagamento di un assegno periodico
Tale ordine non potrà avere durata superiore ai 6 mesi, a decorrere dall’avvenuta esecuzione del provvedimento, salvo gravi motivi e per il tempo strettamente necessario.
Interessante è anche la statuizione sulle modalità di esecuzione, che sono lasciate al giudice: egli, nel caso sorgano difficoltà o contestazioni, provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
Infine, è opportuno ricordare che nei casi di maltrattamento e violenza a danno dei minori di particolare rilevanza è il ruolo dei Servizi Sociali sia per l’individuazione delle situazioni di abuso, sia per un primo trattamento del caso, sia nella fase dell’esecuzione del provvedimento del Tribunale, che molto spesso decide di attribuire ai Servizi compiti di sostegno e controllo del caso finché ciò si riveli necessario nell’interesse del fanciullo.

23 – il trattamento delle vittime della violenza
Il problema più rilevante, per quanto sopra detto, è quello di riuscire a far emergere i fenomeni di maltrattamento o violenza nascosti, non solo o non tanto per perseguire i colpevoli quanto principalmente per assicurare al ragazzo un adeguato sostegno e recupero. Si sta sviluppando pertanto un’azione di sensibilizzazione dei professionisti (in particolare gli insegnanti e i pediatri) che più frequentemente sono a contatto con bambini e ragazzi e che meglio possono percepire sia i segni della sofferenza conseguenti alle violenze subite sia le tracce delle violenze fisiche subite.
Con l’Associazione Culturale Pediatrica si è instaurata un’intensa collaborazione del Centro Nazionale già citato: nel 1997 è stato tenuto un seminario di formazione per pediatri che dovranno a loro volta istituire corsi di formazione sui problemi della violenza all’infanzia nelle varie realtà territoriali. Un’intensa attività per fare emergere il fenomeno dell’abuso e il maltrattamento all’infanzia è stato compiuta nel nostro paese da un’organizzazione non governativa, il Telefono Azzurro, sia attraverso una serie di inìziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sia attivando una diffusa rete telefonica a cui può rivolgersi chi intende segnalare un abuso in atto o chi intende ricevere consigli in ordine alle relazioni con minori.
Si sta cercando anche di sviluppare una nuova cultura del rispetto della personalità del minore e una rete di servizi per la protezione e la cura del bambino maltrattato.
Una particolare attenzione deve essere rivolta allo sfruttamento e all’abuso sessuale. Questo sia perché il fenomeno appare in espansione, e non solo nel nostro Paese, sia perché presenta aspetti sovranazionali (il turismo sessuale, le reti pedofile attraverso internet), sia principalmente per gli effetti devastanti che sul regolare processo maturativo del soggetti in formazione finiscono con l’avere queste forme di violenza.